Ragazzi Giovani e Talentuosi
E’ una consulenza dedicata nello specifico a ragazzi dai 18 ai 25 anni, o a Giovani che vanno dai 25 ai 35 anni. Giovani per età, talentuosi perché? Perché ha un talento colui che si impegna a cercare la propria strada.
La consulenza riguarda il futuro e la domanda che i ragazzi si pongono sul proprio destino lavorativo e Relazionale. Essere grandi e maggiorenni ha infatti il vantaggio dell’energia fisica, della conquista dell’autonomia della maggiore età e della prospettiva di un lavoro o un percorso di Studi. Tuttavia è un età difficilissima perché l’autonomia è solo apparente. Da giovani non siamo né carne né pesce, siamo autonomi e grandi nel pensare ma non siamo indipendenti economicamente dalla famiglia, non sappiamo ancora bene come faremo a vivere né dove né in che direzione.
Un Mentore che ci orienti sul criterio da usare nella nostra scelta è fondamentale.
La mia consulenza pertanto nasce da una lunga esperienza di orientamento e consulenza all’interno di Progetti per i quali ho svolto counselling, mentoring e coaching a ragazzi in cerca della propria strada: Talenti selezionati all’interno del Bando Confindustria per i Giovani , partecipanti ai Master della Luiss Business School sulle strategie di accesso al mondo del lavoro, Pazienti 18-25 enni che mi hanno trovata sul Web e mi hanno chiesto consulenza individuale, Giovani Manager associati all’AMMISA del sant’Anna di Pisa, Startupper che ho supportato nel lancio delle loro idee ed Aziende.
Aiutare i Giovani è la mia grande passione, che nasce da tante considerazioni che vi espongo di seguito e dall’avere ascoltato diverse centinaia di Giovani coi loro dubbi e pensieri sulla vita, ma perché?
Mentre i Millenials sono impegnati a chiedersi se si amano o no dimenticandosi di averlo deciso quando si sono sposati, i loro figli cercano altrove e distolgono l’attenzione dall’egoismo dei genitori imboccando una strada a senso unico che non li farà più tornare indietro e restituirà al genitore il vuoto del proprio individualismo.
I giovani finalmente si danno da fare per trovare ciò che non è stato dato loro dalle famiglie, prese a mostrare i titoli manageriali nelle riunioni più che la loro presenza affettiva e valoriale in famiglia.
Da questo contesto parte una nuova ricerca della Generazione Z di risposte fuori dalla propria casa, nella quale essi ricevono oggetti e benefit “familiari” ma nessuna risposta pensata. Per questo il moltiplicarsi di richieste psicologiche di confronto, anche in situazioni di vita apparentemente normali. I giovani hanno capito che gli oggetti in loro possesso li annoiano e non risolvono il senso della vita, né il lavoro o la carriera.
Finalmente essi ritornano a chiedersi quale forma di vita sia sensata, rispetto all’esempio individualista di un marketing che dice “basta a te stesso” il ragazzo intelligentemente sa andare oltre. Ha capito che non troverà risposte in casa, luogo dove nessuno ha fatto la fatica di elaborarle con lui perché impegnato a produrre per sé stesso, e le cerca altrove.
I Centennials chiedono aiuto allo Psicologo sulle scelte scolastiche, sul lavoro e sulla vita. Per un professionista si tratta a volte di una sorpresa, avere davanti domande che normalmente trovano risoluzione nell’affetto e nella vicinanza di un genitore e che invece vengono poste dentro ad uno Studio ed in un colloquio pagato dal ragazzo stesso e tenuto nascosto alla famiglia. Non perché vi sia niente da nascondere ma perché il ragazzo riconosce l’inutilità di portare certi argomenti a casa per ritrovarsi ancora una volta davanti al vuoto degli impegni manageriali del genitore.
Tante cose emergono dallo scambio tra un counsellor orientatore ed un giovane, alcune identificano chi andrà avanti, altre chi starà fermo, dimensioni psicologiche che separano e distanziano moltissimo i ragazzi tra loro. E’ come se la generazione che attualmente è in età da lavoro si dividesse in 2 grandi gruppi, nettamente distinti, con caratteristiche individuali e relazionali che tra loro non si parlano e non si scambiano nulla. Alla base di tutto vi è la presenza, l’essere presenti a sé stessi ed alla vita. Vi sono persone che esistono come se fossero sempre altrove, forse in dimensioni del loro intimo o del loro passato che non sono mai centrate sulle circostanze presenti, né mai hanno la luce vitale dello sguardo al futuro, quelli che io chiamo “i Giovani vecchi” . Vi sono invece altri giovani che hanno una luce vitale ed una purezza di idee dentro i loro occhi, obiettivi di riscatto per sé e le proprie famiglie, voglia di costruire qualcosa e dare il proprio contributo al mondo. I cosiddetti Talenti sono tali per l’energia e la passione, per la proiezione su un futuro a cui loro possono contribuire in termini positivi, internazionali e sociali. Ciò che li distingue è il sentimento del potere rispetto alla vita, rispetto al futuro. Ciò che li spinge avanti è non solo l’ambizione, facilmente realizzabile oggigiorno con un pizzico di intraprendenza, ma il senso della vita che è globale, comprende altri mondi reali e virtuali e li mette in contatto, e soprattutto è proiettato al fare qualcosa insieme agli altri che sia utile per gli altri. I talenti hanno tutti una caratteristica comune: la consapevolezza della propria fortuna e il desiderio di dividerla con altri.
I giovani talenti desiderano, ottengono e sanno godere dei propri risultati senza falsità né finti pudori ma con la pienezza del merito. I giovani vecchi invece non hanno desideri di nessun tipo, non conoscono l’essere appagati, l’esaltazione della speranza, l’ingenua gioia di chi s’innamora dei suoi progetti. Non conoscono altresì delusioni o grandi dolori, né lacrime per un ostacolo improvviso, rabbia per un mancato risultato. Sono sospesi nella vita dei loro coetanei, si sospingono tra loro come chi resta sollevato in una folla che lo schiaccia e lo alza senza c’egli si stia nemmeno appoggiando al terreno. Non ridono e non piangono, ma soprattutto a domanda non rispondono, si bloccano, non capiscono, si offendono. Parlano di sé e usano parole grosse e pesanti, parole di depressione, di malattia sociale, di noia. Parlano di sé stessi e basta, non hanno giudizio critico su ciò che li circonda e non sanno pensare in maniera da fare differenza tra ciò che piace loro e ciò che li disgusta. Disegnare la loro carriera è difficile, l’hanno già addosso disegnata ben bene eppure gli sta larga come un abito che copre e non veste.
E allora chi di questi due soggetti ha bisogno dello Psicologo? I talenti nello psicologo cercano direzione e conferma, I Giovani vecchi sostegno psicologico e un vero e proprio insegnamento, poiché ciò che ho visto è la totale mancanza di una solidità valoriale che dia corpo a questi giovani e renda il loro abito un vestito. Trasmettere contenuti tecnici che interessino questi ragazzi e che li facciano sentire più autorevoli, più consistenti e magari meno astratti.
Seguire un talento è invece molto diverso, è una sfida per chi ascolta, è un misurarsi con la propria ovvietà davanti a qualcuno che ti ha già preceduto, anticipato. Un talento a volte non risponde poiché dà già per fatte e scontate le cose che gli chiedi. Va seguito sulle capacità di relazione “politica” ovvero gli va solo insegnato come declinare le proprie mosse all’interno di sistemi chiusi ed obsoleti, o all’interno di gruppi professionali in cui le regole sono anche vincoli.